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L’ipertrofia prostatica ed i possibili approcci terapeutici

Dr. Giuseppe Zanni, Medico Chirurgo specialista in Urologia

La patologia della prostata, indicata genericamente come ipertrofia prostatica (benigna), è una delle malattie più frequenti negli uomini di età superiore ai 50 anni.

La sua incidenza aumenta in modo proporzionale rispetto all’avanzare della età dei pazienti, arrivando a coinvolgere quasi un maschio su due nella fascia di età superiore ai 70 anni. Le visite urologiche per ipertrofia prostatica sono uno dei motivi più frequenti per visita medica, dopo quelle cardiologiche per ipertensione arteriosa.

L’ipertrofia prostatica è una patologia caratterizzata da un ingrossamento della ghiandola prostatica, tale da comportare sintomi urinari minzionali disturbanti rispetto alla ordinaria qualità di vita dei pazienti. Questi sintomi possono essere molto genericamente suddivisi in disturbi della fase di svuotamento (come ad esempio flusso urinario debole, o esitazione nell’inizio della minzione) e disturbi della fase di riempimento (aumento della frequenza delle minzioni diurne e notturne o l’incapacità di trattenere lo stimolo urinario). Inoltre, è possibile l’insorgenza di altri sintomi come la sensazione di svuotamento incompleto della vescica dopo la minzione piuttosto che il dolore a carico dell’apparato genitale.

L’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, la dislipidemia, l’obesità, il fumo di sigaretta, e una pregressa storia di infiammazione della prostata (prostatite) possono essere considerati come fattori di rischio rispetto all’insorgenza dei disturbi legati all’ipertrofia prostatica. Il mantenimento di uno stile di vita attento a queste condizioni e l’identificazione e la cura tempestive dei pazienti affetti da prostatite possono rappresentare il primo passo terapeutico in questo ambito.

In sede ambulatoriale, il primo passo della valutazione dei pazienti è rappresentato dall’indagine anamnestica rispetto alla presenza e alla gravità dei disturbi minzionali, anche eventualmente con la compilazione di questionari validati (il più utilizzato è il questionario IPSS – International Prostatic Symptoms Score). Durante la visita urologica dei pazienti affetti da ipertrofia prostatica deve essere sempre eseguita l’esplorazione rettale, procedura molto semplice che permette di quantificare, anche se in modo grossolano, la volumetria della prostata e di escludere la presenza di noduli sospetti per tumore.

Il primo livello di inquadramento diagnostico dei pazienti prevede generalmente il dosaggio ematico dell’antigene prostatico specifico PSA (valori inferiori a 2 ng/mL sono considerati normali), l’esame delle urine, l’ecografia dell’apparato urinario (per screening dello stato di salute dei reni e della vescica e per definire la reale volumetria della prostata) e la flussometria, esame non invasivo che studia la forza del getto della minzione e che permette di dare un primo riscontro oggettivo della gravità del disturbo legato alla ipertrofia prostatica.

Il primo passo nella terapia medica della ipertrofia prostatica sintomatica è sicuramente quello della modifica dello stile di vita da parte del paziente: astensione dal fumo di sigaretta, dieta sana e bilanciata, riduzione dell’utilizzo di sostanze con possibile effetto irritante sull’apparato genitale (come ad esempio pepe, peperoncino, insaccati) e riduzione dell’introito di alcolici. Anche il mantenimento di uno stile di vita attivo, con una certa attenzione nei confronti della attività fisica (eseguita sempre previo consulto medico), può essere di beneficio, almeno negli stadi iniziali e meno gravi della patologia benigna prostatica.

La vera terapia medica per la ipertrofia prostatica può essere suddivisa in quattro categorie.

La prima è quella rappresentata da formulazioni ad azione anti-infiammatoria o anti-edemigena. Questi prodotti non devono essere considerati come semplici integratori alimentari, poiché è stato ampiamente dimostrato, anche con studi laboratoristici in vitro, come i principi attivi naturali contenuti in essi abbiano una vera azione (preventiva e curativa) nei confronti del processo infiammatorio che trasforma il normale tessuto prostatico in tessuto iperplastico. I disinfiammanti prostatici non hanno generalmente delle contro-indicazioni e sono nella maggior parte dei casi ben tollerati; certamente solo un utilizzo prolungato e costante può garantire un effetto benefico duraturo nel tempo.

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La seconda categoria per l’ingrossamento della prostata è rappresentata dai farmaci di origine sintetica che agiscono sui recettori di tipo alfa presenti sulle cellule muscolari lisce dell’epitelio prostatico, o alfa litici. Queste molecole producono un certo tipo di rilassamento del collo vescicale, punto di transito della urina prima del passaggio nella uretra e quindi all’esterno, antagonizzando l’effetto compressivo che viene esercitato su di esso da parte della prostata ingrossata: il risultato finale è di rimuovere l’ostacolo protatico e di permettere al flusso della minzione di riprendere vigore. Fatta salva la vera efficacia di questi farmaci, è sempre bene discutere con il paziente i possibili effetti collaterali di essi: andrologici (diminuzione e/o scomparsa dello sperma durante la eiaculazione) e sistemici (rischio di brusco calo della pressione arteriosa, provocato dal rilassamento del tessuto muscolare liscio contenuto all’interno dei vasi sanguigni).

Il terzo approccio terapeutico è rappresentato dai prodotti di tipo ormonale (finasteride e dutasteride) che intervengono nella cascata di eventi della trasformazione dell’ormone maschile testosterone nei suoi derivati di sintesi nell’ambito del processo di crescita del tessuto prostatico. L’effetto finale è inizialmente quello di bloccare l’accrescimento della prostata e quindi di promuoverne la involuzione. Questi farmaci sono generalmente destinati ai pazienti affetti da voluminosa ipertrofia prostatica (del peso di almeno 80 grammi). Prima della prescrizione è sempre corretto avvisare il paziente dei possibili effetti collaterali di natura andrologica legati a questi farmaci (ginecomastia ovvero aumento del volume della ghiandola mammaria oppure calo del desiderio sessuale).

L’ultimo approccio per la cura dell’ingrossamento prostatico è una ben determinata sotto-categoria dei farmaci destinati alla terapia per la disfunzione erettile, gli inibitori dell’enzima fosfo-diesterasi 5. È ormai ampiamente riconosciuto, infatti, che l’assunzione giornaliera del tadalafil al dosaggio di 5 mg produca un effetto rilassante a livello del collo vescicale per certi versi assimilabile a quello già descritto per la categoria dei farmaci alfa litici. In questo caso devono sempre essere verificate in via preliminare eventuali controindicazioni che il paziente potrebbe avere nei confronti di questa così particolare scelta terapeutica.

Una volta esaurita una qualsiasi possibilità di percorso terapeutico conservativo farmacologico, vuoi per esaurita efficacia piuttosto che per non tolleranza del o dei farmaci, il paziente, unitamente al proprio curante, deve valutare l’intervento chirurgico prostatico a scopo disostruttivo. Attualmente le opzioni chirurgiche sono molteplici, sia come impiego di strumentari e di tecnologie, sia come via di accesso alla prostata (endoscopica o laparoscopica o a cielo aperto). La scelta del tipo di intervento va sempre discussa con il chirurgo urologo, pesando la indicazione sul paziente in sé, sulle sue comorbidità (ad esempio un possibile aumentato rischio di sanguinamento), sulle dimensioni della sua prostata e sulle necessità ed aspettative che il paziente manifesta nei confronti dell’intervento.

Bibliografia:

https://www.auro.it/linee-guida/08_IPB%20%E2%80%93%20Iperplasia%20Prostatica%20Benigna.pdf

https://siu.it/linee-guida/non-oncologiche/2020-Non-Oncologiche/Sintomi-del-Tratto-Urinario-Inferiore

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