L’acidità gastrica, meglio nota come “iperacidità gastrica”, è un disturbo dell’apparato digerente causato dall’eccessiva produzione di acido cloridrico – una sostanza che favorisce la digestione dei cibi – che, in grandi quantità, può provocare irritazione e/o infiammazione della mucosa dello stomaco determinando quella percettibile sensazione di bruciore retrosternale.
Questo disturbo, che ha un’incidenza elevata e può essere di tipo acuto o cronico, viene anche chiamato “bruciore di stomaco” o “pirosi”.
L’iperacidità gastrica, come detto, è molto diffusa e può insorgere a qualsiasi età; gran parte della popolazione adulta soffre di episodi di acidità gastrica almeno una volta al mese, con considerevoli implicazioni sulla qualità della vita.
L’acidità gastrica è causata da un’eccessiva produzione di acido cloridrico da parte delle ghiandole gastriche, cosiddetta “ipercloridria”. L’elevato livello di secrezione acida gastrica annulla l’azione fisiologica del muco gastrico che ha la funzione di formare un vero e proprio gel protettivo di rivestimento sulla superficie delle cellule dello stomaco.
Un’ipercloridria può essere scatenata sia da fattori di natura fisica, sia emotiva.
Le principali cause dell’iperacidità gastrica sono riconducibili a:
Anche l’infezione gastrica batterica da Helicobacter pylori sembra possa aumentare la secrezione acida gastrica e determinare una sensazione di pesantezza digestiva e di iperacidità ancora più accentuata.
Solitamente l’acidità gastrica si manifesta sotto forma di dolore e bruciore a livello della parte superiore dell’addome e si accompagna ad eruttazioni acide, nausea e bruciore.
I sintomi comuni includono:
Trascurare l’iperacidità gastrica può determinare un’erosione più o meno profonda del rivestimento interno dello stomaco, nota come ulcera gastrica, che provoca dolore e bruciore localizzati nella regione alta e centrale dell’addome, senso di pressione, pesantezza o di vuoto allo stomaco.
La diagnosi per individuare la condizione di acidità gastrica è di tipo clinica: il medico gastroenterologo effettua una visita e sottopone ad anamnesi il paziente; attraverso un colloquio approfondito vengono evidenziati i sintomi, la storia clinica e famigliare.
Il medico, inoltre, può richiedere anche una gastroscopia che permette di stabilire l’entità dei danni che l’ipercloridria ha causato alle mucose dello stomaco e del duodeno e l’eventuale presenza di Helicobacter pylori.
Quando i sintomi dell’acidità gastrica divengono frequenti e compromettono la qualità di vita, è opportuno rivolgersi al proprio medico curante per i dovuti accertamenti.
Inizialmente è possibile adottare i seguenti accorgimenti:
In genere il trattamento dell’acidità gastrica prevede la somministrazione di preparati antiacidi, a base di sostanze alcaline, che possono neutralizzare tramite reazione chimica l’acido in eccesso presente nello stomaco, alleviando gran parte dei sintomi. Questi farmaci sono in grado di contrastare i disturbi dell’ipercloridria senza tuttavia riuscire ad inibire alla radice la problematica della secrezione acida.
Nei casi più gravi il medico ricorre a terapie con farmaci che inibiscono la secrezione acida gastrica, noti come inibitori della pompa protonica, da associare ad antibiotici specifici nel caso in cui si manifesti una lesione ulcerosa causata da un’infezione da Helicobacter pylori.
Resta fondamentale seguire sempre il consiglio del proprio medico curante ed evitare di curarsi in autonomia.
Eventuali approcci naturali, da valutare insieme al medico curante, prevedono formulazioni specifiche che:
Oltre alle cure farmacologiche ed all’assunzione di integratori alimentari, è opportuno adottare un corretto stile alimentare, eliminando o limitando il consumo di cibi speziati, di alimenti molto ricchi di grassi, di bevande alcoliche e gassate.
È consigliabile, poi, consumare molta frutta che, grazie ai suoi acidi organici dal potere alcalinizzante, è in grado di neutralizzare l’acidità di altri alimenti. In particolare, mele, mirtilli, fichi e banane oltre a ridurre l’acidità gastrica, svolgono un’azione gastro protettiva, favorendo l’aumento della secrezione del muco gastrico, lo strato mucoso che serve a proteggere lo stomaco. Infine, per tenere sotto controllo la secrezione acida, è importante consumare pasti non troppo abbondanti e frettolosi e cercare di mangiare ad orari regolari.
Ansia e stress possono avere effetti negativi sull’apparato digerente causando i cosiddetti disturbi psicosomatici. Tra i problemi più comunemente associati ad ansia e stress, infatti, vi sono soprattutto alterazioni del tanto discusso asse intestino-cervello e la cattiva digestione è tra i disturbi più frequenti.
Si è osservato che le persone che soffrono di ansia e sono particolarmente stressate sono soggette ad una maggior produzione di succhi gastrici che però, a causa delle tensioni muscolari che interessano il corpo, non vengono sfruttati correttamente. Va ricordato, infatti, che, in presenza di ansia e stress, l’organismo incrementa la produzione di adrenalina, un ormone che ha un effetto inibitore sulla muscolatura di stomaco ed intestino; questo si traduce in una parziale immobilità delle pareti muscolari dello stomaco che quindi fatica a rimescolare cibi e succhi gastrici.
Quindi, da un lato ansia e stress aumentano la produzione di acidi gastrici, dall’altro quella di adrenalina che impedisce allo stomaco di utilizzare questi acidi. Il risultato è che si avverte una continua tensione allo stomaco, accompagnata da senso di pesantezza e di bruciore.
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